Tamponi. Tutti adesso vogliono fare più tamponi. Giusto. Ma si può fare? La domanda è legittima, ma merita di essere accompagnata da una seconda domanda, altrettanto importante: ha senso farle?

La risposta (come sempre) non è banale. Proviamo a capirlo assieme.

Innanzitutto dividiamo in 2 il problema.

Cosa significa “fare” un tampone?

Spesso quando si parla di tamponi si fa riferimento genericamente alle analisi per rilevare la presenza del SARS-CoV-2. Vediamo allora cosa serve per fare queste analisi.

  1. Il tampone. Si tratta dei contenitori che servono alla raccolta e trasporto del campione. (come questo: https://products.copangroup.com/index.php/products/clinical/utm) Di tamponi ne abbiamo a volontà. Possiamo raccogliere anche 1 milione di tamponi a settimana.
  2. Il protocollo di raccolta. Si rifà a quanto codificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019/technical-guidance . Richiede accorgimenti di sicurezza elevati, ma è fattibile. Oggi sono autorizzati i medici o gli infermieri. Se però scarseggiasse personale per effettuare i prelievi si potrebbe pensare di formare personale ad hoc in brevissimo tempo.
  3. L’analisi vera e propria. Per fare l’analisi serve uno strumento particolare, si chiama RT-PCR, e costa circa 10-15.000€, ce ne sono anche a prezzi inferiori o, se si vuole il top, si può arrivare fino a 90.000€. Qui trovate un elenco di strumenti: https://www.biocompare.com/PCR-Real-Time-PCR/22353-Real-Time-PCR-Thermal-Cyclers-Thermocyclers/ .

La caratteristica che salta all’occhio è che accanto a quasi tutti gli strumenti si trova la scritta: 96 wells (96 pozzetti). Quello è il numero di analisi simultanee che può fare. In circa 1 ora e mezza. Poiché servono circa 2 ore per preparare i campioni all’analisi, si può pensare che ciascuna macchina possa effettuare fino a 4 analisi al giorno per un totale di poco meno di 400 campioni.

Quante macchine da RT-PCR ci sono in Italia?
Diverse migliaia.

Basta quindi metterle in rete per fare 500.000 analisi al giorno? No.

Sebbene molti laboratori, aziende, centri medici dispongano di strumentazione idonea all’analisi non tutti sarebbero in grado di offrire un servizio adeguato a garantire non solo la qualità del risultato e il rispetto delle norme previste per i dati sanitari, ma nemmeno la sicurezza dei propri ricercatori/dipendenti che devono effettuarlo.

Ecco perché, per essere accreditati o autorizzati a svolgere analisi e rilasciare referti (in generale), i laboratori devono dimostrare di possedere tutta una serie di requisiti che li rendono idonei a garantire queste cose.

Questo non è un problema però, di laboratori già accreditati e autorizzati ce ne sono davvero tanti e molti di loro hanno già lo strumento. Questo significa che su scala nazionale avremmo una potenzialità teorica di analisi per Covid-19 stimata in circa 150.000 analisi/giorno.

Perché non le facciamo?

Il motivo principale è perché abbiamo costruito un sistema sanitario per un tempo di pace. Fatto di compartimenti stagni in cui ciascun laboratorio ha la sua specialità e le analisi che può e non può fare. Adesso, come dimostra la figura, ci siamo accorti che non è sensato mantenere una struttura così rigida in tempi di guerra come questi, e che tenere fermi laboratori che potrebbero fare centinaia o migliaia di analisi al giorno solo perché afferenti a branche specialistiche non autorizzate a farle dalla legge è drammaticamente stupido. Per questo, già da alcune settimane regioni come Lombardia e Veneto stanno lavorando per coinvolgere più laboratori possibili nello sforzo e il risultato si vede. E si vedrà sempre di più nei prossimi giorni, man mano che i diversi laboratori supereranno i ring test (cioè dimostreranno di essere in grado di dare risultati affidabili).

Veniamo ora alla seconda domanda: ha senso fare analisi a tappeto? La risposta è no. Ogni territorio vive uno stadio diverso dell’epidemia ed è compito (e responsabilità) degli epidemiologi decidere come sfruttare al meglio questa capacità analitica crescente, ma ancora insufficiente a coprire la richiesta. Così come in diverse aree è insufficiente la capacità del sistema sanitario di dare risposte adeguate a tutti coloro che ne hanno bisogno.


NOTA BENE: una nota finale non secondaria. Per fare queste analisi servono anche dei reagenti chimici. Molti di questi non sono prodotti da aziende italiane e il rischio di rimanere a secco è reale. Per questo si sta già lavorando su nuovi protocolli “fatti in casa”, ma ci insegna che non si può pensare di affrontare crisi come questa da soli se non si dispongono delle risorse per farlo.

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